Covid-19: una testimonianza dal Brasile

La recente pandemia, come ben sappiamo, ha aggravato molti problemi dei vari Paesi e creato nuove criticità. La lettera che qui riportiamo vuole essere la testimonianza diretta di chi, ogni giorno, vive le criticità che hanno messo in ginocchio il Brasile.
Noi volontari siamo fermamente convinti che sostenere anche i progetti di altre Associazioni faccia parte di ciò che per noi è il concetto di “solidarietà” e continueremo a promuovere tutte le realtà che conosciamo direttamente, con cui collaboriamo o che ci sono affini negli intenti.

Luca insieme ad alcuni missionari e volontari nella favela Nova Cana
Luca insieme ad alcuni missionari e volontari nella favela Nova Cana
San Paolo, 10 giugno 2021

Carissimi,
grazie ai tanti di voi che dopo l’ultima mia lettera si sono fatti presenti con un messaggio, una mano tesa, una condivisione del cuore. Davvero gli “scricchiolii” si sentono e ci aiutano ad essere ancora più fratelli e sorelle nella verità di ciò che siamo, più autentici. Grazie davvero.
Vivere questo processo di “radicamento” resta una bella sfida. E mentre mi immergo nella realtà, la scopro ancora più fragile e povera rispetto alla già precaria “normalità”. La pandemia, infatti, ha messo ancora più a nudo le strane contraddizioni di questa mia nuova terra.

in Brasile le sale di rianimazione sono ancora piene e il piano vaccini va a rilento

Fa male constatare l’ingiustizia diffusa: le sale di rianimazione sono ancora piene e il piano vaccini va a rilento. Il fratello di una missionaria della nostra comunità locale è stato ricoverato venerdì per Covid ma non c’erano letti. È rimasto fino a ieri nel corridoio di un pronto soccorso sperando insieme a tanti altri. E così si palesa che il diritto alla salute appare più una lotta per sopravvivere in un Paese enormemente diseguale. Anche il piano vaccini soffre di razzismo. Già va a rilento ma una recente ricerca dimostra che sono stati vaccinate molte più persone bianche ricche che la gente di periferia: pelle nera, povertà diffusa, ecc. Qui in periferia siamo invisibili e ogni “diritto” pare vada conquistato con la ‘lotta’. Mi colpisce infatti che quando si chiede «come stai?» la gente risponda: «sto lottando». All’inizio non capivo e mi lasciava perplesso. Ora comprendo che per vivere qui occorrere lottare per ottenere ciò che altrove è un diritto. Ma non sempre si riesce.

La pandemia ha generato una perdita di lavoro e anche per questo sta aumentando la violenza. Spesso la mattina presto o alla sera, quando la nostra gente è in fila per l’autobus, avvengono assalti. Passano in moto giovani armati e chiedono soldi e cellulari, Il poco che si ha per quella giornata.
La violenza cresce come cresce la fame. I numeri dell’ultima indagine sono vertiginosi: 49 milioni di brasiliani non stanno mangiando a sufficienza mentre 19 milioni soffrono la fame in forma grave. Il 70% degli abitanti di favela non ha denaro per il cibo della settimana: per questo stiamo raccogliendo di tutto per portare altre ‘ceste basiche’ a Nova Cana.
I bambini sono a casa da scuola oramai da più di un anno. La ‘didattica a distanza’ qui è un miraggio perché 1/4 della popolazione non ha accesso a internet e il 60% naviga solo con cellulari, percentuale che arriva all’85% tra i poveri.

9 milioni di brasiliani non stanno mangiando a sufficienza mentre 19 milioni soffrono la fame in forma grave

Davanti a tutto questo sperimento cosa significhi vivere nella periferia del mondo e capisco solo ora perché Papa Francesco chieda alla chiesa di abitare le ‘periferie esistenziali’. Qui dove la ‘vita scricchiola’ possono nascere risposte profetiche e collettive. Tra queste che vedo attorno a noi vorrei ricordarne alcune nelle quali sono e siamo più coinvolti. Non per fare la lista dei “meriti” (neppure uno) ma solo per sapermi stupire di come, mettendosi insieme, le cose possono davvero nascere “dal basso”, come piccolo germoglio di vita.
Il progetto “Casa della Donna” avanza. In questi mesi è nato un collettivo di 30 persone del nostro territorio di varie estrazioni culturali e religiose e insieme ci stiamo formando per comprendere il problema e cercare piste di soluzioni comuni. Un’esperienza molto bella e arricchente di ‘cerchio’, di comunità all’interno nella quale ciascuno mette il suo tassello e il mosaico si compone. E a partire da questo ‘cerchio’ ora anche i lavori di ristrutturazione delle tre stanze in affitto partiranno come frutto di un cammino condiviso.
Anche i professori e alunni del corso Ubuntu continuano il loro lavoro di educazione popolare. Educazione che vuole generare coscienza collettiva in questa periferia che ha bisogno di forza critica, di libri, di studio, di capacità di conoscere per cambiare le cose. Nonostante le lezioni on line vedo tanta voglia di darsi da fare per un Paese più equo, per migliorare la vita di questa zona. Insieme ad alcuni amici della parrocchia invece stiamo continuando a raccogliere cibo e materiale per consegnare altre ‘ceste basiche’ – una grossa spesa alimentare – a Nova Cana. Andremo con i giovani domenica 27 giugno. Anche questo un piccolo frutto di un cammino comune.

Luca con alcuni responsabili della pastorale giovanile
Luca con alcuni responsabili della pastorale giovanile

Sottolineo questa dimensione di cerchio perché studiando la storia del Brasile e della missione coloniale davvero si avverte l’urgenza di cambiare stile. Per troppo tempo, pensando di portare il vangelo si è imposta una cultura e una lettura del mondo che ha violato la coscienza di razze, di popoli, ha negato le differenze, giudicato inferiori razze, colori di pelle, culture, credenze religiose. E tutto questo ancora ha un effetto devastante in termini di accettazione di sé, di identità traballanti che sono fortissime nella nostra zona ove il 90% degli abitanti è migrante interno, di razza indigena o nera. Per questo mettersi in cerchio dona la possibilità a tutti di guardarsi nel volto e scoprire la ricchezza della diversità. Diversità che non è un problema, ma un’opportunità per crescere insieme e aiutarsi ad essere più veri, più autentici. Qui i giovani si salutano dicendo: «è nois» cioè: «io sono se tu sei con me», «io sono nella misura in cui, stando insieme, ci aiutiamo a liberare le nostre autenticità». Allora un abbraccio a ciascuno. Anche noi siamo insieme e la missione è quest’avventura di fraternità. È NOIS!

Luca Vitali

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Chiunque voglia contribuire può farlo con una donazione:

Beneficiario: Comunità Missionaria di Villaregia
IBAN: IT69R0501812101000012323440
Causale: “Per progetti Missionari P. Luca Vitali – San Paolo”

Per maggiori informazioni: www.villaregia.org

Un grazie di cuore.